Il paradosso dei nostri tempi
I banchieri continuano a non pagare e a non rispondere degli atti compiuti nell’esercizio delle loro funzioni nei meandri del capitalismo finanziario.
IL PARADOSSO DEI NOSTRI TEMPI
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Ormai da tempo, non passa giorno in cui i mezzi di comunicazione non lancino interrogativi sul futuro della nostra economia e del nostro sistema bancario, generando angoscia e preoccupazione ed accentuando il senso di incertezza e di sfiducia che pervade ormai la nostra società.
Ora, qual è il bersaglio facile e più a portata di mano per gli utenti travolti dai danni della cosiddetta “finanza creativa”, per scaricare malumori e rabbia? Sono coloro che, a contatto diretto con il pubblico, rappresentano per lo stesso la banca, pur non essendo quelli che decidono, ma quelli che devono eseguire le direttive aziendali.
Pertanto non passa giorno in cui il dito non venga puntato verso i più deboli, gli ultimi della filiera, come se, in un sistema così apicale, a questi ultimi si possa chiedere il conto di affidamenti quanto mai inusuali concessi agli “amici degli amici”, oppure di operazioni senza un’ombra di garanzia, che stanno generando perdite milionarie sui bilanci degli istituti di credito.
Le prime vittime di queste scellerate politiche, oltre alle migliaia di risparmiatori sono i colleghi bancari che, in buona fede, non solo hanno comprato per se, ma in molti casi hanno anche consigliato amici e familiari a investire nei titoli dell’azienda in cui lavorano.
Il risultato in molti casi è stato che i colleghi, oltre al capitale, hanno perso anche gli affetti.
La FABI ha da molto tempo denunciato come oltre il 90% delle delibere su affidamenti e crediti rivelatisi poi di dubbia esigibilità, sia stato di autonomia dei vari C.D.A. della banche.
Ma ahimè, al passare dei giorni, i banchieri continuano a non pagare e a non rispondere degli atti compiuti nell’esercizio delle loro funzioni nei meandri del capitalismo finanziario.
Da una recente indagine condotta dal Dipartimento di Sanità Pubblica e Malattie Infettive – Sapienza Università di Roma, si rileva come su 100 ammalati di stress da lavoro, 20 sono bancari e che ben il 28% della categoria fa uso di psicofarmaci.
La FABI di Livorno è sempre stata molto attenta a queste tematiche, tant’è che già nel nostro Congresso del 2003 denunciavamo la crescita dello stress lavoro-correlato nella nostra categoria, dovuto ai continui mutamenti del sistema bancario, fusioni, esuberi, tagli dei costi del personale e pressioni commerciali.
Dobbiamo con amarezza constatare che fummo profeti e che tali problematiche, in tutti questi anni, sono andate crescendo proporzionalmente alla diminuzione del numero degli addetti al nostro settore.
Tanto che alcuni anni fa abbiamo sentito l’esigenza di istituire sul nostro territorio il servizio “S.O.S. Psicologia”, proprio per far fronte all’aumentare dei problemi di natura psicologica tra i nostri colleghi.
Il paradosso, la schizofrenia dei nostri giorni è proprio questa:
· chi non ha il lavoro sta male, per ovvi motivi
· chi ce l’ha sta male ugualmente perché le condizioni lavorative sono diventate invivibili dappertutto.
Non vogliamo né banalizzare né sminuire il problema, ma essendo operatori del settore del credito continuiamo a vivere con dispiacere e frustrazione queste situazioni.